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Il Rock italiano non è mai morto, anche se in alcuni periodi ha avuto un odore strano.

Il lIght siDe (e Amusing) della batteria rock italiana si identifica con l’amerino Saverio Federici. Un signore seduto sui fusti ed al di fuori, grande conoscitore musicale e compagno di garage illo tempore.
Leggete questa intervista e vi sentirete meglio. Con voglia di lavarvi le ascelle perlomeno.


di MARCO CINELLI

Luogo e data di nascita
Amelia, 22 marzo 1983


Parlami della sensazione di quando ti sei messo dietro alla batteria per la prima volta. Chi o cosa ti ha fatto cominciare a suonare?


La prima volta non si scorda mai! Avevo 5 anni, ero nella sala prove del corteo storico di Amelia, dove i musicisti suonano tamburi e chiarine. Ad un certo punto, in preda alla noia, scansai una tenda e per caso trovai un timpano, un rullante e un paio di bacchette. Iniziai a fare casino, fu divertentissimo!! Da quel momento in poi, alla domanda "cosa ti piacerebbe fare per hobby?" la risposta è stata "suonare la batteria". 



Tu sei indubbiamente un batterista di stampo Rock. Il rock sembra essere di nuovo in voga ora in Italia. Non posso non pensare alla vittoria dei Måneskin al festival di Sanremo. Ti va di spendere qualche parola su di loro?


Il Rock italiano non è mai morto: in alcuni periodi ha avuto un odore strano, senza dubbio, ma non è mai morto! I Måneskin hanno un bell'impatto scenico, testi provocatori quanto basta, un atteggiamento che rimanda vagamente al Punk Rock. Niente di nuovo, certo, ma in una passerella di voci sature di autotune ed arrangiamenti di dubbio gusto, ben venga il suono grezzo ed analogico di un gruppo rock!





Chi sono attualmente i tuoi gruppi o artisti italiani preferiti?

Subsonica, Niccolò Fabi, Paolo Benvegnù, Max Gazzé, Calibro 35, Massimo Volume. Ogni tanto riascolto volentieri anche Litfiba, Negrita, Bluvertigo, P.F.M., Banco del Mutuo Soccorso, Area.  

"In Italia abbiamo una storia importante alle spalle, ma tendiamo a dimenticarcene troppo spesso purtroppo."



Cosa ne pensi dei gusti musicali degli Italiani? E della cultura musicale del tuo paese?


L'Italia è quel posto meraviglioso, in cui i Conservatori e le Accademie di alta formazione sono piene di studenti da tutto il mondo: abbiamo una storia importante alle spalle, tendiamo a dimenticarcene troppo spesso purtroppo. Il "grande pubblico" è vittima dei talent e reality show, dimenticando che fuori da quelle "vetrine" esistono molte altre realtà assolutamente valide, per tutti i generi.





Hai mai pensato di andare a vivere all’estero per esercitare tua professione?


È un'idea che non ho mai scartato del tutto. Quando mi sono diplomato al Saint Louis (e tu, al mio esame di diploma, eri presente!) il primo obiettivo era quello di impegnarmi affinchè la musica diventasse la mia professione. Ci credevo poco, in quegli anni: alcuni mi suggerivano che avrei fatto meglio a dedicarmi completamente al mio vecchio lavoro (immaginati la solita scenetta: “che lavoro fai?” “si, ma a parte la musica, che lavoro fai?”), ma fortunatamente non ho mai mollato. Poco dopo il mio diploma, nel 2007, sono partiti i primi ingaggi professionali, le prime esperienze all'estero, le prime scuole in cui ho iniziato stabilmente ad insegnare. La “base operativa” era tra Roma e Terni: trovandomi in quella situazione, dunque, ho deciso di restare in Italia.

Non mi pento affatto di questa decisione, ma una cosa è certa: non ho mai rifiutato nessuna "chiamata" dall'estero, non appena finito il periodo Covid mi auguro di poter tornare presto a bordo di un Boeing con bacchette, rullante e piatti! 





Del fatto che sei rimasto in Italia, ti senti di più un musicista rassegnato e quindi forse più di “nicchia” o combatti tutti i giorni per cercare di migliorare la situazione della musica in Italia e per questo forse una sorta di paladino all’insegna della buona musica? 


Il mio personalissimo "combattimento" cerco di svolgerlo (umilmente!) nelle scuole in cui insegno, spesso a ragazzi molto giovani, cercando di educarli all'ascolto e alla scoperta di tutte le caratteristiche che mi hanno fatto appassionare alla musica. Rassegnato non mi sono mai sentito: fortunatamente il nostro è un lavoro molto particolare, in cui il telefono può squillare in qualunque momento e portarti verso nuove direzioni.





Attivista o intellettuale quindi?

Diciamo che, nel mio caso, l'attivista e l'intellettuale si danno la mano: io cerco di non farli litigare!



Cos’è per te la cattiva musica? Al di là dei tuoi gusti personali.

La cattiva musica, per me, è tutto ciò che ritengo finto: personaggi costruiti a tavolino, dal look alla presenza scenica, con musiche e testi scritti da altri, che non lasciano nulla di stimolante all'ascoltatore.  



Se avessi un desiderio della lampada di Aladino da giocarti, quale sarebbe?

Adesso come adesso vorrei tornare a viaggiare, suonare, ritrovarmi sotto ad un palco davanti ad una fila di subwoofer, come spettatore di un concerto. Mi basta poco!




I tre concerti più emozionanti ai quali hai partecipato come spettatore?

  1. Roger Waters - The Wall. La prima volta a Milano nel 2011, la seconda volta a Roma nel 2013. Non ho mai visto nulla di così perfetto, da un punto di vista scenico e musicale.

  1. John Mayer alla 02 Arena di Londra, era il 2014, tour di "Born and Raised": scenografia essenziale, ottima band, ma la cosa che mi ha colpito di più è stata la sua esibizione unplugged chitarra e voce: fortissimo. 

  2. King Crimson, Perugia, Arena Santa Giuliana, Umbria Jazz 2019. Su quel palco c'era la Storia del Rock a festeggiare i suoi 50 anni di attività, un'esibizione pazzesca sotto tutti i punti di vista!



Il concerto più emozionante in cui ti sei esibito?

Ho avuto la fortuna di suonare con Anna Marchesini, nel suo ultimo spettacolo "Cirino e Marilda non si può fare". Di quel tour, durato circa 4 anni, potrei raccontare molti aneddoti. Uno dei momenti più toccanti fu la tappa al Teatro Argentina di Roma, il giorno dopo la morte di Pino Daniele: Anna ci chiese di suonare "quando", in coda allo spettacolo, come omaggio. A fine serata, Tullio Solenghi e Francesca Neri, che erano presenti tra il pubblico, vennero in camerino a congratularsi con noi. Rimanemmo senza parole! 



Parliamo un po’ di cose tecniche dello strumento. Qual è il tuo modello di batteria? Mostrami pezzo per pezzo, diametro dei fusti, pelli …


La mia batteria è una Ludwig Signet 105 Terabeat. Un modello recente, molto versatile. Toms da 10" e 12" (non ho mai amato misure troppo larghe!), Timpano da 16", Cassa da 22" (un bel cannone!). Da parecchi anni monto pelli Remo: Ambassador per il rullante (un “must”), Emperor per Tom e Timpano, Powerstroke 3 per la Cassa. Ho rullanti di vari legni e piatti di diverse misure, cerco di combinare i giusti elementi a seconda del genere che devo suonare.



Ho visto che prediligi piatti Zildjian… hai qualche asso nella manica fatto a mano nel tuo repertorio?

Ho il “vizio” di recuperare piatti rotti, trasformandoli in Bells e Stacks: di questi ne ho uno da 8", che uso molto spesso. Altri ancora sono colori, che utilizzo spesso in registrazione, oppure come “damper” per il rullante, quando cerco un suono più “elettronico”.



Se dovessi rinunciare ad un pezzo della batteria tra cassa, charleston e crash quale sarebbe?

Assolutamente crash! Nel 2017 andai a suonare all' EXPO di Astana in Kazakhstan: per un disguido organizzativo, mi portarono una batteria senza aste per i piatti. Poteva essere un problema? Poteva, ma non lo fu, il primo concerto andò comunque bene… less is more! 



In termini di mix, di solito preferisci che sia la grancassa ad avere le frequenze più basse o il basso?


Da buon rocker ho sempre pensato che il suono di cassa debba avere più un ruolo d'attacco. Le basse frequenze sono importanti, ma vanno sempre dosate con attenzione! Anche nel jazz, dove la cassa ricopre un ruolo diverso, con un sustain più lungo e  un’accordatura più acuta, se non voglio far soffrire il mio bassista dovrò stare molto attento a non enfatizzare troppo quel range di frequenze!


La botta della tua grancassa di media intorno a quali frequenze basse si trova? E la punta che preferisci?

Ho sempre trovato un bel calore intorno alle 60-80 hz (se poi in studio il tecnico del suono decide di utilizzare anche un sub-kick, allora potrebbe diventare il mio migliore amico!), la punta che preferisco sta tra i 3000 e i 5000 hz… anche qui, tutto dipende dal genere che sto registrando. 


Sei in grado di suonare da mancino?

Suonare da mancini, pur essendo destrorsi, è un pregio che appartiene a qualche mostro sacro tipo Billy Cobham, Simon Phillips e pochi, pochissimi altri. Nello studio dei rudimenti l’inversione del maneggio avviene sempre, ma per rimanere nella “comfort zone” (soprattutto quando si suona dal vivo!) è sempre meglio rispettare la propria natura!  



So che hai una fitta attività di didatta, con allievi sparsi in tutta Italia. Preferisci insegnare o essere un turnista?


Insegnare mi piace molto: negli anni ho avuto belle soddisfazioni, da parte di allievi molto giovani -che, col tempo, sono entrati a studiare nei trienni accademici in Conservatorio- e anche dagli allievi dei laboratori di musica d’insieme, insieme ai quali ho realizzato cover e brani inediti. La figura del turnista mi è sempre piaciuta per la capacità di suonare bene quanti più stili possibili. Dovendo scegliere tra le due cose, direi il turnista. Ma, conoscendomi, non riuscirei a rinunciare alla didattica!



Hai mai pensato di produrre seriamente i pezzi che scrivi e dedicarti alla carriera artistica? mi ricordo che tu sei un eccellente bassista e chitarrista. Registrare un disco one man band per te non dovrebbe essere un problema.


Sto lavorando da diversi anni ad un mio progetto, in cui realizzo tutto da solo: dalla scrittura, agli arrangiamenti, alle riprese in studio. Ho il brutto vizio di non essere mai contento, di ascoltare di continuo quello che faccio alla ricerca di qualcosa che manca! Nonostante tutto i pezzi ci sono, appena usciti dalla pandemia di sicuro vedranno la luce.



Citami tre mentori nella tua vita.

Daniele Pomo: un grande Maestro, grazie al quale ho scoperto musica di tutti i generi: dal rock progressive, al cantautorato italiano, alla ECM. 

Marco Collazzoni: un grande artista, non solo in senso musicale, purtroppo scomparso di recente. Dopo gli anni al Saint Louis, grazie a lui sono tornato a sentirmi uno studente: abbiamo suonato insieme in molti contesti, alcuni tra i più belli del mio percorso: con la Terni Jazz Orchestra, di cui Marco era il Direttore, agli Aire de Mar (trio di musica latino-americana, con cui nel 2014 abbiamo vinto il primo premio al Festival Nazionale dei Conservatori Italiani), fino al tour con Anna Marchesini. 

Gabriele Buonasorte: un grande sassofonista, un caro amico con cui non vedo l’ora di tornare a suonare! Alla fine del nostro primo tour insieme, circa 12 anni fa, ci siamo detti che avremmo fatto sicuramente altro: e così è stato! Insieme abbiamo girato più volte per l’Italia, il Kazakhstan, fino all’ Italian Festival di Bangkok. 




Chi sono i tuoi batteristi preferiti?

Vinnie Colaiuta, Gavin Harrison, Danny Carey, Mike Portnoy, Simon Phillips, Marco Minnemann, Larnell Lewis, Anika Nilles, Eric Moore, Stanley Randolph, Steve Jordan.   



Ti elenco i miei batteristi rock preferiti. Ti va di fare un breve commento su ciascuno di loro? Sono curiosissimo di sapere quello che pensi. 


Ringo Starr

Ringo è senza dubbio il batterista più famoso del mondo! Il suo modo "ondulato" di suonare l'hi hat, le sue idee ritmiche (Come Together e Ticket to Ride, per citarne due), le sue accordature "sorde" sono state (e sono ancora oggi) una enorme fonte di ispirazione per tanti! 


Don Brewer 

Grande tiro, grande impatto scenico, estro e creatività. Soluzioni mai scontate e sempre al servizio della band!!


Jon Hiseman

Di Hiseman la cosa che mi ha stupito di più è indubbiamente la capacità di creare continuamente colori diversi, sfruttando tutte le scelte timbriche del set e grandi oscillazioni dinamiche. Un batterista, senza dubbio, poliedrico.


Levon Helm

La semplicità, in alcuni suoi groove, è la caratteristica più importante: e, per un batterista, il più delle volte è il traguardo più difficile. Tutto ciò, unito ad una splendida voce. What else?


Jeff Porcaro

Nel percorso di studi di un batterista, prima o poi, si arriva sempre a parlare di Jeff Porcaro. Il suo "half-time" shuffle ha fatto storia (spesso oscurando anche la sua stessa ispirazione, mr. Bernard Purdie), oltre ai Toto ha firmato molti altri capolavori della musica moderna. Una pietra miliare della batteria.


Charlie Watts

Spesso, su di lui, leggo commenti feroci da parte di haters frustrati. Ma chi di noi saprebbe immaginarsi i Rolling Stones con un altro batterista? Soluzioni semplici ed efficaci, come quella di non suonare l'hi hat all'unisono col rullante, hanno fatto la storia. 

"Il linear phrasing, ovvero la capacità di suonare evitando quanto più possibile colpi all'unisono tra mani e piedi, è una delle tecniche più utilizzate (e divertenti) nella batteria moderna"


Qual è il tuo fill preferito mai stato eseguito? 

 Gavin Harrison in Fear of a blank planet dei Porcupine Tree. Vai al minuto 5:01 e reggiti forte! 


Se ti chiedo cos’è #LunediLinearFill tu che mi dici?

"#lunedilinearfill" è un appuntamento settimanale nato per caso: rispolverando un po' di appunti scritti diversi anni fa, ho deciso di selezionare alcune frasi, registrarle e farne uscire una a settimana. L'argomento "linear phrasing", ovvero la capacità di suonare evitando quanto più possibile colpi all'unisono tra mani e piedi, è una delle tecniche più utilizzate (e divertenti) nella batteria moderna: ho cercato di sviluppare delle idee musicali, prima ancora che tecnicamente impegnative. Prossimamente ne arriveranno altre!



Esiste una tua performance su youtube che ti rende particolarmente orgoglioso e che vorresti condividere con i nostri lettori?

Assolutamente si: “Sharp”, tratto da “Journey” di Marcello Balena. Batteria registrata al “Village Recording Studio” di Roma da Gianluca Siscaro, che ringrazio per avermi inserito nella rubrica “Village Play Now” dedicata agli insegnanti del Music Village Institute, di cui faccio parte ormai da 10 anni. 



Non molti lo sanno, ma io e te abbiamo suonato insieme per circa un paio d’anni, in quell’accozzaglia primordiale che poi si trasformò nella band Growlin’ Love & Pain, insieme a Marco Sinopoli alla seconda chitarra, e l’immancabile Daniele Labbate al basso.
 Ti ricordi il nostro piccolo tour nei Paesi Bassi?

Da sinistra: Marco Sinopoli, Marco Cinelli, Saverio Federici e Daniele Labbate nel 2005


Da quel viaggio ho capito che le cose stavano cambiando: un’esperienza indimenticabile per tanti motivi, di cui ancora conservo gelosamente foto e “feticci”. L’Olanda, in quei giorni, è stato lo scenario di quello che speravo di vivere in un futuro da musicista: non potevo desiderare “compagni di viaggio” migliori! Ancora adesso, se ascolto brani come Clockwise, Land of Wine e My Name Is Al Might, mi sembrano passati pochi giorni. 



Suonammo anche a Torre Alfina… e senza dubbio a Latina…

Torre Alfina Blues Festival, in apertura al grande Lello Panico. Latina, invece, era il 6 luglio 2007 (ho una registrazione di quella serata, la sto riascoltando in questo momento!). Ricordo anche un bel successo al Big Mama e al Locanda Blues, qualche mese prima, ed altri bei concerti su Roma come quello all’interno della città universitaria. Per l’età che avevamo, niente male, dai!!  



Niente male sì.
Dai un consiglio ai giovani batteristi di oggi.

Lavatevi spesso le ascelle! Anzi: fatevi direttamente una doccia al giorno, è un momento importante anche per lo spirito, non solo per il corpo!



Anche se sei un batterista di stampo Rock, hai una grandissima padronanza in ogni genere musicale, compreso il Blues. In aggiunta, hai una caratteristica importante che io apprezzo moltissimo, che è la curiosità di scoprire sempre nuove cose, nuove tecniche, nuovi linguaggi. Che ne pensi delle Blues Backing Tracks dei Cinelli Brothers? Commenti dopo averci suonato sopra un po?


Gran bel lavoro ragazzi! Realizzare delle backing tracks efficaci in un ambito particolare come il blues è davvero difficile, vuoi per i suoni (ho ascoltato altre backing tracks che erano midi files: ma si può?!?!?), vuoi per il timing (a proposito: Alessandro ha il groove di un americano!!) vuoi per le strutture, è veramente rischioso! Ma voi ce l'avete fatta (non ne avevo dubbi!). 


Fammi tu una domanda. Carta bianca.

Riusciremo, secondo te, a fare una breve reunion con la primissima formazione dei Growlin’ Love & Pain? Magari proprio tra Leeuwarden, Groningen e Amsterdam?

Direi che io ho già il biglietto pronto. Però manca l’aereo ancora. Speriamo per l’anno prossimo.


Hai mai fatto un balletto su Tik Tok?

No, ma potrei farlo! Quanto mi dai?



Hai mai mostrato il tuo pene in pubblico?

No, ma potrei farlo. Magari proprio su Tik Tok. Che ne pensi? Ma ancora non hai risposto alla mia domanda: quanto mi dai?



Posso farti un buono sconto per avere accesso a tutti i miei balletti privati a pagamento.
Rinunceresti a tutta la tua vita e alla tua didattica per andare in tour coi foo fighters come batterista senza però ricevere un euro di compenso?

I Foo Fighters hanno già Taylor Hawkins, chi meglio di lui? Io preferisco monetizzare, dunque mi concentrerò sul balletto fallocentrico per Tik Tok*! (* = potrebbe non accadere).


Haha! Ti ringrazio infinitamente per il tuo tempo. È stato un piacere farmi una bella chiacchierata con te. Non scordare di lasciare qualche link cosicché la gente possa trovarti facilmente.


Facebook: Saverio Federici

Instagram: saverio.federici

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